Titolo Originale: Вторжение; Vtorzhenie
Nazione: Russia
Durata: 133 minuti
Regia: Fyodor Bondarchuk
Anno: 2020
Cast: Irina Starshenbaum, Alexander Petrov, Rinal Mukhametov, Yuri Borisov, Oleg Menshikov, Sergei Garmash, Evgeniy Mikheev, Konstantin Bogomolov, Viktor Shamirov

Trama:

Tre anni dopo lo schianto di un’astronave aliena su Mosca e dalle vicende narrate in Attraction, Yulia vive sotto la stretta protezione del padre, colonnello dell’esercito ed è oggetto di studio e stretto controllo da parte dei militari. Un giorno le viene concessa un’uscita più libera del solito e rincontra Khariton che ormai vive in una casetta di campagna, ha un lavoro e un orto. Intanto gli alieni tornano e sembrano avercela a morte con Yulia ed hanno il potere di controllare praticamente ogni strumento tecnologico che funziona in digitale e l’acqua.

Secondo me:

Invasion è il sequel di Attraction, che era un teen drama fantascientifico sicuramente non rivoluzionario ma godibile.
Sulla scia di quel successo arriva questo film che ci regala ancora un’ottima qualità visiva ma che porta con se una sceneggiatura risibile che cerca anche di portare all’attenzione il problema del controllo dell’informazione e le fake news, ma lo fa in maniera sbagliata ed anche inutilmente perché in fin dei conti se gli alieni avessero voluto raggiungere il loro obbiettivo avrebbero potuto farlo in migliaia di modi ed invece preferiscono annoiare l’umanità con un film inguardabile che dura più di due ore. Attraction aveva dei personaggi abbastanza interessanti che si muovevano sul filo tra il positivo ed il negativo o che evolvevano ed in questo caso la cosa si ripete con Artëm, ex ragazzo di Yulia, la cui ambiguità però risulta totalmente incoerente, mentre Yulia è praticamente un oggetto che viene portato a destra e manca da Khariton che di tanto in tanto continua a fare battute imbarazzanti assieme a Google che fortunatamente si vede raramente.
L’ultima ora piena di azione incalzante con un comparto grafico di altissimo livello è semplicemente devastante e sembra non finire mai, per avere poi un epilogo che omaggia (o scimmiotta) un altro film di fantascienza con alieni che non nomino o capite tutti come va a finire.

Un sequel che continua a mostrare i muscoli sul piano tecnico ma totalmente vuoto sul versante narrativo.

 

Titolo Originale: Reuni Z
Nazione: Indonesia
Durata: 93 minuti
Regia: Soleh Solihun, Monty Tiwa
Anno: 2018
Cast: Soleh Solihun, Tora Sudiro, Dinda Kanyadewi, Cassandra Lee, Ayushita, Surya Saputra, Verdi Solaiman, Gabriella Lasdauskas, Fanny Fabriana

Trama:

Un gruppo di ex compagni di classe si ritrova ad una riunione della scuola dopo 20 anni. Durante le celebrazioni però qualcosa va storto ed un gruppo di cheerealers si trasforma in famelici zombie costringendo vecchi compagni di classe a mettere da parte gli screzi del passato e collaborare per sopravvivere.

Secondo me:

Il film di oggi è un tipico esempio del perché mi pace esplorare cinematografie di culture diverse e Paesi lontani. Seppur infatti ad un primo sguardo sembrerebbe essere una semplice commedia zombie con un gruppo di persone rinchiuse in un edificio che deve trovare un modo per scappare, diverse sono le cose che non potremmo mai vedere in un film occidentale e che motivano una visione. Ad esempio uno dei protagonisti era un ragazzino di nome Mansur e che si presenta alla riunione del liceo dopo aver cambiato sesso e presentandosi come Marina. Innumerevoli sono le battute che la riguardano, con gli ex bulletti della scuola invaghiti di questa misteriosa donna che però non saranno felicissimi di scoprire il suo segreto. Splendida è l’uscita di scena di uno di questi ex bulli rimasto da solo con Marina nella seconda parte del film. Altro personaggio degno di nota è un ragazzo divenuto integralista mussulmano, pronto a criticare donne che lavorano e fare la morale un po’ a chiunque ma altrettanto rapido a sacrificare gli altri per salvarsi. Ma il film è costellato di piccole battute e situazioni riguardanti temi delicati quali pedofilia e stupro (o un mix delle due cose) ma trattati in modo quasi naturale. Insomma il film è divertente ed offre una ventata di aria fresca lontana dal politically correct di casa nostra ed il tutto con un’estrema leggerezza. L’horror non è sicuramente il punto forte del film e la storia di base non presenta particolari guizzi narrativi, ma i personaggi e le loro interazioni sono il punto di interesse maggiore.

Una commediola zombesca leggera con una comicità innocentemente offensiva.

 

 

 

 

Titolo Originale: The Prey
Nazione: Cambogia
Durata: 94 minuti
Regia: Jimmy Henderson
Anno: 2018
Cast: Sahajak Boonthanakit, Vithaya Pansringarm, Dara Our, Rous Mony, Byron Bishop, Nophand Boonyai, Dy Sonita, Hun Sophy

Trama:

Xin è un poliziotto cinese che lavora sotto copertura in Cambogia che però viene arrestato e portato in una prigione isolata nella giungla. La struttura è guidata da un uomo senza scrupoli che utilizza alcuni degli arrestati come prede per una caccia all’uomo per ricchi e Xin si ritroverà ben presto a dover lottare per sopravvivere.

Secondo me:

Un paio di anni fa mi capitò per le mani Jailbreak, un film d’azione cambogiano che mi piacque un sacco. Dopo averlo visto mi ero messo a cercare informazioni sul film e venne fuori che il regista Jimmy Henderson è un italiano che vive in Cambogia e che in quel periodo, stesse preparando il prossimo film che avrebbe avuto un grosso budget di circa un milione di dollari con cast internazionale. Non vedevo l’ora di guardare anche questo The Prey, che però si rivela essere un netto passo indietro rispetto al brillante Jailbreak pur rimanendo un dignitoso prodotto d’intrattenimento senza però particolari meriti. Se l’azione era l’assoluta protagonista di Jailbreak, qui i combattimenti corpo a corpo vengono distribuiti con il contagocce e gli scontri a fuoco sono piuttosto piatti con l’eccezione del quarto d’ora finale che regala qualche piccola gioia.
La trama, come ci si aspetterebbe da un prodotto del genere, non eccelle certo per originalità anche se parlare di corruzione nel sistema carcerario in un film cambogiano potrebbe essere ritenuta una scelta coraggiosa.
Anche i personaggi sono piuttosto standard, e l’unico tra i cattivi con un po’ di carattere è un tizio che ha delle visioni ma che viene sfruttato troppo poco.

In fin dei conti non mi è dispiaciuto come film, ma sicuramente le mie aspettative erano alte. Comunque, se volete qualcosa di diverso per distrarvi un po’ in questo periodo dategli una possibilità.

 

Titolo Originale: Tabineko ripôto, 旅猫リポート
Nazione: Giappone
Durata: 119 minuti
Regia: Kôichirô Miki
Anno: 2018
Cast: Sôta Fukushi, Mitsuki Takahata, Alice Hirose, Takurô Ôno, Yûko Takeuchi, Tomoya Maeno, Ryôsuke Yamamoto

Trama:

Satoru è il giovane padrone di Nana, gatta che aveva adottato dopo averla accudita in seguito ad un incidente. Circostanze misteriose però lo renderanno non più in grado di prendersi cura della sua amica e quindi i due partiranno per un viaggio on the road a bordo di una meravigliosa Panda Salecta per trovare la persona ideale che possa prendersi cura di Nana.

Secondo me:

Sono passati ormai un sacco di mesi da quando ho scritto l’ultimo articolo su questo sito. Tante volte ho provato a mettermi a scrivere qualcosa su qualche film a caso che avevo visto ma puntualmente poi ho finito per scartare l’articolo e procrastinare. Pensavo che magari il film che avevo visto non fosse adatto ad un ritorno dopo un’assenza così lunga o semplicemente non avevo voglia di impegnarmi a scrivere qualcosa di leggibile. Oggi però piove, ho il giorno libero e non ho nulla da fare e quindi eccomi qua a parlare dell’ennesimo film di gatti su questo blog dato che, come già spiegato nell’articolo per Cat Collection’s House, questi esseri demoniaci continuano ad andare fortissimo su internet. In fondo questo blog è nato per parlare di film totalmente a caso, e quindi non ha il minimo senso attendere per un film evento. Potrei magari attendere l’uscita ormai imminente del film di squali diretto da Tommy Wiseau, ma meglio far sapere a Google che siamo ancora vivi.
Il film di oggi è tratto da un libro scritto da Hiro Arikawa, che ovviamente io non ho letto, e vede il nostro protagonista guidare una sfavillante Panda in giro per il Giappone per incontrare amici di infanzia con lo scopo di sbarazzarsi di Nana, la sua adorabile gatta che racconta quello che le accade attorno con i suoi commenti graffianti.
Il motivo di questo doloroso abbandono ci verrà rivelato solo nel finale. Ogni persona che Satoru e Nana incontreranno darà vita ad un flashback che ci farà capire la personalità del nostro protagonista umano e le motivazioni del suo forte legame con Nana cercando più volte di farci anche scendere qualche lacrima. Non è quindi il tipico film di gatti leggero, ma è invece un dramma ben costruito ed appassionante capace di coinvolgere uno ai quali questi pelosi esseri miagolanti non fanno né caldo né freddo come me. A volte la personalità dei protagonisti risulta odiosa ma è a causa della giapponesità del film ed è un fattore culturale che va messo in considerazione se si guarda un film di questo Paese. Aspettatevi quindi qualche pippone su rispetto, onore o idee assurde tipo “prendo un gatto anche se mio padre non vuole così dimostro alla moglie che mi ha lasciato che ho le palle“. Ok!

In fin dei conti il film di gatti di oggi è forse il più bello presente sul blog. Se siete delle gattare e avete voglia di un po’ di sana tristezza (ma non troppa) fate pure.

Titolo Originale: Tarp pilku debesu
Nazione: Lituania
Durata: 98 minuti
Regia: Marius A. Markevicius
Anno: 2018
Cast: Bel Powley, Peter Franzén, Sophie Cookson, Jonah Hauer-King, James Cosmo, Lisa Loven Kongsli, Martin Wallström, Nadja Bobyleva

Trama:

Lina è una ragazzina che sogna di entrare all’accademia d’arte di Kaunas, una delle scuole più prestigiose della Lituania, Paese che però, in quali anni era occupato dalla Russia. Improvvisamente, una notte i soldati sovietici irrompono in casa sua e deportano lei, sua madre e suo fratello verso un campo di lavoro e successivamente in Siberia. Lina dovrà resistere alla prigionia anche per scoprire che fine ha fatto suo padre.

Secondo me:

Questo film è il primo che ho visto al cinema qui in Lituania, ormai circa tre mesi fa. La sala era pienissima, la città nella quale vivo era tappezzata di manifesti ed ogni libreria esponeva il libro dal quale è tratto questo film. Ed infatti è stato anche il maggior incasso del Paese per il 2018. Non ne parlai allora perché c’erano alcune parti in russo che erano sottotitolate in Lituano che non avevo capito, anche se in fondo era intuibile quasi tutto quello che i personaggi si dicevano. Però adesso è uscita la versione on demand con i sottotitoli in Inglese per quelle parti e quindi me lo sono rivisto.
Ashes in The Snow è un film che racconta una storia troppo poco conosciuta fuori dai confini dei Paesi Baltici e lo fa seguendo le vicende di una famiglia all’interno dei campi di prigionia sovietici. Questo permette sicuramente di empatizzare con i protagonisti dato che tutto è raccontato molto bene e con scene anche molto forti ed ambientazioni credibili, però non tutto quello che accade è sempre chiaro. Se la sensazione di smarrimento dei protagonisti potrebbe anche essere un punto a favore del film dato che nemmeno loro sapevano cosa stesse accadendo per bene, personalmente avrei preferito una visione d’insieme più ampia del periodo storico, cosa mi avrebbe permesso di uscire dalla sala un po’ più soddisfatto. Ed invece a fine visione mi sentivo come se mi mancasse qualcosa e soprattutto mi sembrava di aver visto un qualsiasi film sull’olocausto e sulle deportazioni naziste. La sensazione di deja vu è molto forte ed anche le scene più strazianti potrebbero appartenere ad un qualsiasi dramma con protagonisti deportati. Magari l’idea del film era proprio quella di far vedere che i Lituani non hanno subito un trattamento troppo diverso rispetto ad altri popoli, ma purtroppo secondo me questo rende il film più anonimo seppur ben fatto.

La mia non è assolutamente una bocciatura, anzi ne consiglio sicuramente la visione ed anche con una buona dose di fazzoletti in tasca. Però mi sarebbe piaciuto vedere un film un po’ più coraggioso che non si fermasse solamente alla ricerca della semplice lacrima.

 

Titolo Originale: Toc Toc
Nazione: Spagna
Durata: 97 minuti
Regia: Vicente Villanueva
Anno: 2017
Cast: Paco León, Alexandra Jiménez, Oscar Martínez, Rossy de Palma, Ana Rujas, Inma Cuevas, Nuria Herrero, Adrián Lastra, Carolina Lapausa

Trama:

Un gruppo di sei persone con vari tipi di disturbo ossessivo-compulsivo si trovano ad avere un appuntamento dallo stesso psicologo alla stessa ora. Il volo del dottore è però in ritardo e quindi i pazienti iniziano a conoscersi e confrontare i propri problemi iniziando a fare una specie di terapia di gruppo.

Secondo me:

Mi è sempre piaciuto confrontarmi con nuove lingue e culture e questo blog è anche il risultato di questo mio interesse. Adesso il destino mi ha portato a lavorare in un ambiente estremamente internazionale e pertanto mi è tornata la voglia di espandere le mie conoscenze linguistiche. Ho ricominciato dallo Spagnolo, lingua che avevo già studiacchiato come vi avevo raccontato nel post di Tenemos 18 Anos  ma della quale non sono assolutamente fluente.
Toc Toc racconta la storia di un gruppo di persone bizzarre affette da disturbi di vario genere che hanno una grossa influenza sulle loro vite e che li ha resi sempre più soli.
Il film è principalmente una divertente commedia che affronta con leggerezza l’argomento di questi fastidiosi ed invalidanti disturbi psichiatrici che portano i nostri protagonisti ad isolarsi o ad avere grosse difficoltà nelle relazioni interpersonali, nei rapporti di lavoro o di coppia. Il film è sicuramente buono e divertente ma ci sono diversi scambi di battute che non mi sono piaciuti come quelli tra Emilio,accumulatore seriale e ossessionato dai calcoli e Ana María, signora che si fa il segno della croce in continuazione e con il perenne dubbio di aver perso le chiavi o chiuso il gas. Altra cosa che non mi è piaciuta è la nascita della relazione tra due dei protagonisti che mi è sembrata estremamente forzata, ma alla fine nel contesto di una divertente commedia può anche starci. La maggior parte dei personaggi però rappresenta il proprio disturbo in maniera piuttosto convincente, magari il personaggio con la sindrome di Tourette si trattiene un po’ troppo, anche se in realtà alla fine potrebbe anche esserci un motivo…

Il film sicuramente vi strapperà qualche risata e magari vi farà anche pensare a queste patologie. Io intanto mi sono fatto un divertente ripasso di spagnolo! In Italia è stato distribuito da Netflix, quindi se avete l’abbonamento dategli un’occhiata.

Titolo Originale: Texas Cotton
Nazione: USA
Durata: 89 minuti
Regia: Tyler Russell
Anno: 2018
Cast: George Hardy, Tiffany Shepis, Jason Douglas, Gene Jones, Lew Temple, Torren Davis, Dannie McCallum, Terri Merritt Bennett, Christopher Lee Herod

Trama:

La Coste è una piccola comunità rurale che si trova ad affrontare una grave crisi dovuta alla scarsa produttività dei campi e che sta spingendo la popolazione a trasferirsi altrove. La maldestra guardia personale del sindaco scopre un uomo intento a spruzzare una sostanza su un campo, e questo potrebbe spiegare la misteriosa infertilità della zona. Tutti sono convinti della colpevolezza dell’uomo. Tutti tranne il sergente Delmore che si metterà ad indagare sul caso e scoprirà qualcosa di decisamente più grosso.

Secondo me:

Il nome di George Hardy non dirà molto alla maggior parte della popolazione mondiale, ma per noi amanti dei B movie è semplicemente una leggenda. George è infatti tra i protagonisti dello storico Troll 2 e la sua personalità positiva ed il suo sorriso sono rimasti impressi in chiunque abbia visto il documentario Best Worst Movie. Il nostro caro dentista dell’Alabama torna finalmente a recitare e lo fa come protagonista in questo piccolo film indipendente mostrando che in fondo una carriera da attore l’avrebbe anche meritata. Ad affiancarlo c’è anche un altro volto noto del cinema indipendente americano ovvero Tiffany Shepis, nata artisticamente in casa Troma ed oggi attrice esperta con ben più di 100 titoli in carriera tra i quali anche Nympha e Wrath of the Crows di Ivan Zuccon.
Insomma per me il cast era l’unico motivo di interesse ma comunque il film funziona, pur essendo un thriller molto semplice nella costruzione e prevedibilissimo nella soluzione. Giusto il colpo di scena nel finale potrebbe risultare un po’ inaspettato. La credibilità dell’ambientazione è il punto forte di questo Texas Cotton, che ha anche un paio di trovate davvero interessanti e stranamente divertenti.
Ad esempio il criminale, chiamato “the sprayer” per tutto il film, verrà trattato come il peggiore dei criminali, anche se in fondo è stato arrestato in maniera molto rocambolesca e non si capisce bene quale sia il suo crimine. Ma per la piccola comunità, guidata da un sindaco che sembra infallibile, quest’uomo è responsabile di tutte le sciagure che stanno avvenendo, presentandoci quindi un bello spaccato di questo tipo di società americana.

Il ritorno di George Hardy in un ruolo da protagonista è un grosso successo, soprattutto dal punto di vista personale in quanto è davvero in parte. Non sarà un film epocale come lo è stato Troll 2, ma Texas Cotton è un buon prodotto che si guarda con piacere.
Bentornato George!

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